Con la Sentenza n. 1710 del 14 novembre 2017, la Corte di Appello di Ancona aveva condannato il Comune per discriminazione indiretta ai sensi della Legge 67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni).
Dopo quel pronunciamento, il Comune di San Paolo di Jesi aveva deciso di ricorrere alla Corte di Cassazione, che nelle scorse settimane ha prodotto a propria volta la Sentenza n. 3691/20, rigettando il ricorso e condannando anzi chi lo aveva proposto alle spese relative al giudizio di legittimità.
Per Alessandro Gerardi, avvocato che ha direttamente curato la difesa della persona con disabilità, con la collaborazione dell’avvocato Francecso Boschi, «la Cassazione ha stabilito un principio fondamentale, ossia che le norme le quali impongono l’eliminazione delle barriere architettoniche non hanno natura “programmatica”. Il diritto all’accessibilità, infatti, rende la normativa sul superamento delle barriere “immediatamente precettiva” e quindi idonea a far ritenere priva di qualsiasi legittima giustificazione la discriminazione attuata nei confronti delle persone con disabilità».
«Pertanto – conclude Gerardi – è bene sapere che alla luce di questa Sentenza, le Amministrazioni Comunali che continuano a nascondersi dietro l’alibi dell’“insufficienza dei fondi” per giustificare la loro inerzia sul fronte della mancata adozione dei PEBA [Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche, N.d.R.] e dell’eliminazione delle barriere architettoniche, stanno tenendo una vera e propria condotta discriminatoria, in senso tecnico e giuridico, nei confronti delle persone con disabilità».
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