Il collegio penale di Trento ha respinto le argomentazioni difensive, secondo cui le frasi pubblicate rientrerebbero nell’esercizio del diritto costituzionale tutelato di libera manifestazione del pensiero. Il collegio giudicante di Trento ricorda infatti la granitica giurisprudenza di Cassazione secondo cui in tema di diffamazione, “il limite della continenza nel diritto di critica è superato in presenza di espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato” (sentenza n. 15060/2011), ovvero “in un attacco personale lesivo della dignità morale ed intellettuale dell’avversario” (sentenza n. 8824/2010 e sentenza n. 4938/2010). Riguardo alla sussistenza dell’aggravante del reato commesso con finalità di odio razziale, il collegio penale di Trento rileva che la frase pubblicata sul suo profilo dal Serafini costituisce “una consapevole esteriorizzazione, immediatamente percepibile, nel contesto in cui è maturata, avuto anche riguardo al comune sentire, di un sentimento di avversione o di discriminazione fondato sulla razza, l’origine etnica o il colore e cioè di un sentimento immediatamente percepibile come connaturato alla esclusione di condizioni di parità”. Anche alla luce del consolidato orientamento della Cassazione, maturato con le sentenze n. 9381/2006, 38591/2008, 25870/2013, 11590/2010), il collegio giudicante di Trento pertanto ritiene sussistente l’aggravante del reato commesso con finalità di odio e discriminazione razziale. Alla luce di quanto il Tribunale penale di Trento ha condannato l’imputato Serafini alla multa di 2,500 euro e al risarcimento del danno alle associazioni costituitesi parti civili, tra cui l’ASGI, oltre al pagamento delle spese processuali.
Fonte: ASGI