Cerca tra le news

Il Punto informativo Cambalache, con il finanziamento del Nodo contro le discriminazioni della Provincia di Alessandria nell’ambito del Bando provinciale contro le discriminazioni (2022), ha realizzato nei mesi compresi tra maggio e settembre 2023 il progetto “Famiglie Straniere & Diritti”, con lo scopo di facilitare l’accesso dei nuclei famigliari di cittadini stranieri con minori con disabilità a servizi e prestazioni sociali - dalle diverse misure di welfare alla scuola, alla casa, ai servizi sanitari e socioassistenziali - prevenendo e contrastando eventuali discriminazioni istituzionali fondate su origine etnica, colore della pelle e nazionalità e/o disabilità, attribuite alla pubblica amministrazione o ad esercenti di pubblici servizi in Provincia di Alessandria.  

Dopo una prima fase di definizione del target e individuazione dei potenziali nuclei famigliari da coinvolgere nel percorso, il progetto ha previsto una serie di colloqui con le famiglie che hanno condotto al coinvolgimento attivo di 9 nuclei famigliari che hanno poi partecipato a due incontri formativi, divisi in tre gruppi, sull’accesso ai servizi e alle prestazioni sociali sul territorio della Provincia di Alessandria, con particolare riferimento ai servizi diretti ai nuclei famigliari e ai minori con disabilità. 

Il percorso si è concluso con un incontro di restituzione finale, durante il quale nella sede dell'associazione, sono stati presentati i risultati e i materiali prodotti, al fine di apportare riflessioni condivise e renderli il più possibili funzionali. In particolare è stata prodotta, in collaborazione con ASL AL, Nodo provinciale, CISSACA e ACLI, una scheda informativa in dieci lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo, albanese, romeno, arabo, urdu, cinese e russo), volta a illustrare e spiegare agli utenti quali sono gli step per ottenere una dichiarazione di invalidità per i minori di 18 anni, e quali sono i diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie, in diversi ambiti, come trasporti e lavoro, e in termini di sussidi economici. Uno strumento utile a famiglie, mediatori e mediatrici e operatori sanitari, per meglio dialogare con le persone interessate, abbattere le barriere linguistiche e migliorare nel complesso l’accesso ai servizi.

Per maggiori info e scaricare la scheda informativa clicca qui.

Pubblicato in News

Non c’è alcuna ragionevole correlazione fra l’esigenza di accedere al bene casa, ove si versi in condizioni economiche di fragilità, e la pregressa e protratta residenza o attività lavorativa nel territorio regionale.

È quanto ha ribadito la Corte costituzionale con la sentenza n. 147 depositata il 25/07/2024, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 3 Cost., dell’art. 3, comma 1, lettera b), della legge della Regione Piemonte 17 febbraio 2010, n. 3.

La Corte ha ritenuto, una volta di più, che il requisito della pregressa e protratta residenza sul territorio regionale, così come quello della pregressa e protratta attività lavorativa, pone un ostacolo al soddisfacimento del diritto all’abitazione che deve invece fondarsi sulla situazione di bisogno o di disagio, rispetto alla quale la durata della permanenza pregressa nel territorio regionale non presenta alcun collegamento logico. Si tratta, infatti, di requisiti che, proprio perché sganciati da ogni valutazione su tale stato di bisogno, sono incompatibili con il concetto stesso di servizio sociale, inteso quale servizio destinato prioritariamente ai soggetti economicamente deboli. Né requisiti del genere valgono a indicare una prospettiva di radicamento sul territorio regionale.

Il giudice delle leggi ha pertanto riscontrato che la disposizione piemontese viola l’art. 3 Cost. sotto un triplice profilo: per intrinseca irragionevolezza, perché prevede requisiti del tutto non correlati con la funzione propria dell’edilizia sociale; perché determina una ingiustificata diversità di trattamento tra persone che si trovano nelle medesime condizioni di fragilità; e perché tradisce il dovere della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.

Fonte: Corte Costituzionale, comunicato ufficiale del 25 luglio 2024

Di seguito alcune delle più recenti sentenze della Corte Costituzionale su analoghe leggi di altre regioni italiane:

Per approfondimenti: Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione

Pubblicato in News

L’accesso all’abitazione, in quanto “diritto sociale inviolabile”, non può prevedere criteri che esulino dallo stato di bisogno della persona. Accolto il ricorso di ASGI, Razzismo Stop Onlus, SUNIA – Federazione di Padova e di un gruppo di cittadini stranieri (provenienti da Camerun e Venezuela). 

Con sentenza n. 67 del 22 aprile 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il requisito di residenza quinquennale nel territorio regionale previsto dalla Legge della Regione Veneto n. 39 del 2017 per accedere alle graduatorie per l’edilizia residenziale pubblica.

La vicenda nasce nel 2022, quando il Comune di Venezia aveva pubblicato un bando per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica che, secondo quanto stabilito dalla normativa della Regione Veneto, prevedeva il requisito di “residenza anagrafica nel Veneto da almeno 5 anni, anche non consecutivi e calcolati negli ultimi 10“.

ASGI, Razzismo Stop Onlus, SUNIA – Federazione di Padova e un gruppo di cittadini stranieri (provenienti da Camerun e Venezuela) hanno presentato un ricorso presso il Tribunale di Padova, il quale, nel maggio 2023, ha dubitato della legittimità del requisito di residenza quinquennale e inviato gli atti alla Corte Costituzionale.

Con questa sentenza la Corte conferma un orientamento ormai più che granitico (a partire dalla sentenza 44/2020 riferita alla Regione Lombardia, ribadito con la sentenza n. 145 del 2023 riferita alla Regione Marche e con la sentenza n. 77 del 2023 riferita alla Regione Liguria), dando atto che l’accesso all’abitazione, in quanto “diritto sociale inviolabile“, non può prevedere criteri che esulino dallo stato di bisogno della persona. Per l’accesso alle case popolari è dunque irragionevole qualsiasi requisito di residenza pregressa, che nulla ha a che vedere con i bisogni del richiedente, che è “insensibile alla condizione di chi è costretto a muoversi proprio per effetto della sua condizione di fragilità economica”, e valutazione rimane valida, sottolinea la Corte, anche qualora, come nel caso della Regione Veneto, la legge diluisca il criterio nel tempo, prevedendo la possibilità di maturare il requisito di 5 anni di residenza anche nell’arco di 10 anni.

La Corte ha concluso dichiarando l’incostituzionalità della norma poiché prevedere “la residenza protratta nel territorio regionale quale criterio di accesso ai servizi dell’ERP equivale ad aggiungere agli ostacoli di fatto costituiti dal disagio economico e sociale un ulteriore e irragionevole ostacolo che allontana vieppiù le persone dal traguardo di conseguire una casa, tradendo l’ontologica destinazione sociale al soddisfacimento paritario del diritto all’abitazione della proprietà pubblica degli immobili ERP”.

Tale requisito andrà ora cancellato dalla legge regionale. Nel frattempo, i bandi che avevano escluso illegittimamente cittadini stranieri (e non) dovranno essere riaperti.

Qui il comunicato ufficiale della Corte del 22 aprile 2024.

Fonte: Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione

 

Pubblicato in News

Uno Stato membro non può subordinare l’accesso dei cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo a una misura riguardante le prestazioni sociali, l’assistenza sociale o la protezione sociale al requisito di aver risieduto in tale Stato membro per almeno dieci anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo. Allo Stato membro è inoltre vietato sanzionare penalmente una falsa dichiarazione riguardante tale requisito illegale di residenza.

È quanto stabilisce la sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea nelle cause riunite C-112/22 CU e C-223/22 ND, relative al reddito di cittadinanza.

Due cittadine di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo in Italia sono accusate di aver commesso un reato: avrebbero infatti firmato domande per ottenere il «reddito di cittadinanza», una prestazione sociale intesa a garantire un minimo di sussistenza, attestando falsamente di soddisfare i requisiti per la concessione di tale prestazione, compreso il requisito della residenza della durata di almeno dieci anni in Italia, di cui gli ultimi due in modo continuativo. Il Tribunale di Napoli chiede alla Corte di giustizia se tale requisito di residenza sia conforme alla direttiva sui cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (Dirtettiva 2003/209/CE).

La Corte considera, anzitutto, che il requisito di residenza di cui trattasi costituisce una discriminazione indiretta nei confronti dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo. Infatti, anche se tale requisito si applica anche ai cittadini nazionali, esso interessa principalmente i cittadini stranieri, tra i quali figurano in particolare tali cittadini di paesi terzi.

La Corte esamina poi se tale disparità di trattamento possa essere giustificata dalla differenza dei rispettivi legami con lo Stato membro interessato dei cittadini nazionali e dei cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo. La Corte constata che la direttiva prevede, affinché un cittadino di un paese terzo possa ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo, un requisito di soggiorno legale e ininterrotto di cinque anni nel territorio di uno Stato membro. Il legislatore dell'Unione ha considerato tale periodo sufficiente per avere diritto alla parità di trattamento con i cittadini di tale Stato membro, in particolare, per quanto riguarda le misure riguardanti le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale. Pertanto, uno Stato membro non può prorogare unilateralmente il periodo di soggiorno richiesto dalla direttiva affinché un cittadino di un paese terzo soggiornante di lungo periodo possa beneficiare di un trattamento paritario rispetto ai cittadini di tale Stato membro in materia di accesso a una simile misura.

Infine, la Corte rileva che è altresì vietato allo Stato membro interessato sanzionare penalmente una falsa dichiarazione riguardante un requisito di residenza che viola il diritto dell'Unione.

Fonte: Portale Integrazione Migranti

Per approfondimenti: Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione

Aggiornamenti su Domande frequenti

Pubblicato in News

La Regione Piemonte, con DGR del 30 ottobre 2023, n. 13-7613, ha recepito le "Linee Guida delle Regioni e delle Province Autonome relative ai requisiti di accesso ai corsi di formazione per professioni e attività regolamentate" (testo scaribile al fondo), adottate dalla Conferenza delle Regioni nel marzo del 2023, con lo scopo di rendere omogenei i criteri di accesso alla formazione regionale professionale e di semplificare i requisiti e la documentazione richiesta in caso di titolo di studio estero, soprattutto per quanto riguarda le persone titolate di protezione internazionale.

Le Linee Guida prevedono, in ambito extra-EU (e assimilati), che quando per l’accesso ai corsi è necessario il possesso del titolo di scuola Secondaria di Primo grado (ex terza media), le persone cittadine non comunitarie potranno produrre la dichiarazione di valore, mentre per chi è titolare di protezione internazionale sarà sufficiente la traduzione asseverata del titolo di studio. Nel caso in cui per l’accesso al corso sia necessario il titolo di scuola Secondaria di Secondo grado (diploma di maturità), tutte le persone candidate con titolo di studio estero potranno produrre alternativamente la dichiarazione di valore o l’attestato di comparabilità rilasciato dal CIMEA, mentre chi è titolare dello status di protezione internazionale potrà depositare il titolo con traduzione asseverata.

Per ulteriori informazioni e materiali sul tema:
-Progetto FattiRiConoscere: https://www.piemonteimmigrazione.it/lp/fattiriconoscere
-A Pieno Titolo ONLUS - Sportello: https://apienotitolo.org/contatti/

pdfDGR 13-7613 del 30/10/2023 Linee Guida formazione professionale

 

Pubblicato in News

La sentenza della Cassazione depositata il 16 agosto 2023 conclude una vicenda iniziata nel 2016, quando, per contrastare l’assegnazione di 32 richiedenti asilo a un centro di assistenza messo a disposizione da una parrocchia di Saronno (MI), la Lega aveva convocato una manifestazione affiggendo cartelli con il seguente testo “Saronno non vuole i clandestini. Vitto, alloggio e vizi pagati da noi. Nel frattempo, ai saronnesi tagliano le pensioni e aumentano le tasse, Renzi e Alfano complici dell’invasione”.

ASGI e NAGA avevano agito in giudizio avanti il Tribunale di Milano contro la Lega (locale e nazionale) affermando che qualificare i richiedenti asilo come clandestini costituisce “molestia discriminatoria” cioè un comportamento idoneo a offendere la dignità della persona e a creare un clima umiliante, degradante e offensivo.

La Cassazione ha stabilito in via definitiva che si tratta di una molestia discriminatoria e ha condannato la Lega al risarcimento del danno.
 
Tutte le informazioni e il testo della sentenza sono disponibili sul sito di ASGI.
Pubblicato in News

“La manifestazione del proprio pensiero sui social network, anche se inizialmente indirizzata ad una cerchia limitata di persone (gli “amici” di facebook) deve comunque avvenire nel rispetto del criterio formale della continenza e, ove sia accertato che abbia contenuti lesivi dell’altrui dignità, può integrare gli estremi della molestia discriminatoria se rivolta verso un determinato gruppo etnico, in quanto è potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile di persone” (Corte di Cassazione, ordinanza n. 14836 del 26 maggio 2023)

Così stabilisce la Corte di Cassazione intervenendo in una vicenda nata anni fa quando una giovane cittadina di Ivrea, destinata di lì a poco a candidarsi alle elezioni amministrative e a divenire poi assessore comunale, aveva messo in rete due post, nei quali insultava gli “zingari, non rom, ma zingari di merda, zecche e parassiti, capaci di spolpare tutto…” augurando loro “che una tagliola possa mozzarvi le mani..” e nel quale festeggiava la giornata dei rom chiamandoli “zecche che stanziano in campi abusivi…”.

ASGI, in quanto associazione legittimata dalla legge a promuovere giudizi contro le discriminazioni e le molestie razziali, aveva agito in giudizio, ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Torino avevano rigettato il ricorso. 

La Cassazione ha ora cassato la sentenza della Corte d'Appello, affermando che la molestia discriminatoria vietata dalla legge sussiste non solo quando la denigrazione è rivolta esclusivamente alla etnia, ma anche quando l’etnia viene associata a comportamenti delittuosi; e che inoltre qualsiasi manifestazione del pensiero, anche a mezzo dei social, deve essere rispettosa del criterio della “continenza” e non può mai ledere l’altrui dignità.

Per maggiori informazioni sul sito di ASGI.

Pubblicato in News
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 77/2023, ha dichiarato illegittimo l’art. 5, comma 1, lettera b), della legge della Regione Liguria 29 giugno 2004, n. 10, recante la previsione del requisito di 5 anni di residenza in Regione per accedere agli alloggi ERP. La questione di legittimità era stata sollevata dal Tribunale di Genova con ordinanza del 3 giugno 2022.

La vicenda ha origine da un cittadino straniero, titolare di un permesso di soggiorno per asilo politico che aveva presentato domanda per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, a seguito del bando approvato dal Comune di Genova per il 2020, in attuazione dell’art. 4 della legge reg. Liguria n. 10 del 2004. Come la legge, anche il bando prevedeva, fra i requisiti per partecipare all’assegnazione, la residenza o attività lavorativa da almeno cinque anni nel bacino di utenza in cui rientra il Comune di Genova.

La norma in esame risulta – secondo la Corte Costituzionale – del tutto simile a una disposizione legislativa della Regione Lombardia, dichiarata costituzionalmente illegittima dalla stessa Corte con la sentenza n. 44 del 2020. 

“La Corte Costituzionale, già con la sentenza n. 44/2020 aveva impresso una vera e propria svolta, con l’affermazione di due principi: il primo è che alla pregressa residenza, di per sé considerata,  non può attribuirsi alcun valore prognostico circa la futura permanenza del beneficiario sul territorio regionale e dunque è irragionevole affidarsi a tale requisito per evitare un avvicendamento troppo rapido nell’assegnazione degli alloggi, essendo  evidente che la “stabilità futura” del richiedente dipende semmai proprio dal fatto di ottenere una casa e non certo  dalla pregressa permanenza; il secondo è che,  in ogni caso, un requisito di “radicamento  territoriale”, quand’anche fosse legittimo, non potrebbe mai prevalere sulla considerazione del bisogno, che è l’unico criterio che deve presiedere alle politiche sociali; con la conseguenza che qualsiasi “barriera all’accesso” basata su un requisito estraneo al bisogno, deve ritenersi illegittima.”

Scrive la Corte nella sentenza 44: “Il requisito della residenza protratta si risolve in una soglia rigida che porta a negare l’accesso all’ERP a prescindere da qualsiasi valutazione attinente alla situazione di bisogno o di disagio del richiedente (quali ad esempio condizioni economiche, presenza di disabili o di anziani nel nucleo familiare, numero dei figli)», ciò che «è incompatibile con il concetto stesso di servizio sociale».

La Corte, oltre a richiamare la sentenza 44/2020 ha anche citato diverse altre pronunce: tra queste rileva  la sentenza n. 199 del 2022 (in materia di incentivi occupazionali) con cui la Consulta ha ribadito che, «se la residenza costituisce un requisito ragionevole al fine d’identificare l’ente pubblico competente a erogare una certa prestazione, non è invece possibile che l’accesso alle prestazioni pubbliche sia escluso per il solo fatto di aver esercitato il proprio diritto di circolazione o di aver dovuto mutare regione di residenza».

Appare chiaro a questo punto come non sia più in alcun modo possibile premiare la mera durata della residenza nella Regione a discapito della considerazione del bisogno.

Per maggiori informazioni si rimanda al sito dell'ASGI.

Pubblicato in News

Il requisito, richiesto soltanto ai cittadini extra UE, di essere residenti da almeno cinque anni e di svolgere un’attività lavorativa per accedere agli alloggi di edilizia agevolata e convenzionata, costituisce una discriminazione. Con ordinanza depositata lo scorso 7 marzo 2023, il Tribunale di Torino ha condannato la Regione Piemonte e l’ATC Piemonte Centrale a rimuovere tali requisiti dai bandi per le assegnazioni degli alloggi di edilizia agevolata e convenzionata.

Quanto alla Regione Piemonte, si trattava di un requisito inserito nel "Regolamento per l'esecuzione dei programmi costruttivi di nuove costruzioni e di recupero in regime di edilizia agevolata - convenzionata" (D.P.G.R. 2543/94) che, all’art. 8, comma 1, lettera a), in materia di accesso agli alloggi di edilizia agevolata e convenzionata, prevedeva per i soli cittadini extra UE i requisiti della pregressa residenza quinquennale e della stabile attività lavorativa in Italia.

Quanto al Bando di Concorso per l’assegnazione di alloggi in Castellamonte dell’ATC Piemonte Centrale dell’1.6.2022, l’illegittimità riguardava sempre la richiesta della pregressa residenza quinquennale nella parte in cui richiamava il predetto art. 8 c. 1 lett. a) del DPGR 2543/94 e altresì la parte in cui attribuiva all’essere residente in Castellamonte da almeno dieci anni un punteggio preferenziale altissimo.

ASGI ha convenuto in giudizio entrambe le amministrazioni ritenendo che tali richieste fossero del tutto illegittime e in contrasto con la più recente giurisprudenza costituzionale in materia di accesso agli alloggi. La Corte Costituzionale, con le sentenze n. 166/2018, n. 44/2020 e n. 9/2021 ha espresso un principio chiaro: “i criteri adottati dal legislatore per la selezione dei beneficiari dei servizi sociali devono presentare un collegamento con la funzione del servizio“.

L'avvocatura Regionale, stante la palese contrarietà delle previsioni al dettato costituzionale, nulla ha eccepito sulla natura discriminatoria del Regolamento, rimettendosi anzi alla decisione del Giudice sul punto. Il Tribunale ha altresì censurato il bando ATC per l’assegnazione degli alloggi nel Comune di Castellamonte in quanto anche l’attribuzione all’essere residente in Castellamonte da almeno dieci anni di un punteggio preferenziale pari a 8 punti, tale da superare qualsiasi requisito di bisogno anche congiuntamente considerato (reddito, presenza di figli a carico, disabilità, disagio abitativo), è stata già ritenuta illegittima dalla giurisprudenza costituzionale.

In ottemperanza all'ordinanza del Tribunale di Torino, con determina dirigenziale n.233 del 17/03/2023, ATC ha sospeso i bandi relativi ai Comuni di Torino, Beinasco e Castellamonte.

Per maggiori informazioni si rimanda al sito di ASGI.

Pubblicato in News

In occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione delle discriminazioni razziali, celebrata ogni anno il 21 marzo, la Provincia di Biella ha presentato la Rete provinciale contro le discriminazioni, composta dal Nodo e dai Punti informativi, parte integrante della più ampia Rete promossa dalla Regione Piemonte, in collaborazione con IRES Piemonte.

Presenti, insieme al presidente della Provincia Emanuele Ramella Pralungo, il viceprefetto Michele Basilicata, la segretaria generale Anna Garavoglia, la referente del Nodo provinciale Mara Nicolo, la referente di IRES Piemonte Silvia Venturelli e i rappresentanti dei 14 enti e organizzazioni che hanno scelto di aderire alla Rete attivandosi in qualità di Punti informativi: Consorzio IRIS, Comune di Biella, APL - Centro per l’impiego di Biella, le associazioni ANFFAS, il Groviglio, Migr’action e Thomas Sankara, le cooperative sociali Anteo e Maria Cecilia, il consorzio Filo da tessere, Enaip Piemonte, CGIL Biella, CISL Piemonte orientale, UIL Biella e Vercelli.

La data del 21 marzo ricorda la strage di Sharpeville, in Sudafrica, dove nel 1960 la polizia aprì il fuoco su una manifestazione pacifica contro il regime di apartheid, causando oltre 60 morti e 180 feriti. Proclamando questa giornata internazionale nel 1966, l'Assemblea Generale dell'ONU ha sottolineato la necessità di un maggiore impegno per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale.

Molti passi sono stati compiuti da allora, tuttavia permangono anche in Italia e sul nostro territorio, situazioni di esclusione e svantaggio, spesso fondate su pregiudizi e stereotipi difficili da sradicare, che le persone subiscono per la propria origine etnica, nazionalità e colore della pelle, ad esempio in ambito lavorativo, nell’accesso alla casa e ai servizi, nella scuola e in ambito sportivo.

Non sempre le discriminazioni sono frutto di un’intenzione, spesso sono attuate inconsapevolmente, generate da diffidenza e scarsa conoscenza reciproca e si possono manifestare con comportamenti apparentemente neutri.

Per informare e sensibilizzare la cittadinanza, il Nodo insieme ai Punti informativi ha realizzato 3 video, presentati oggi, riferiti in particolare alle discriminazioni fondate su:

Chi subisce o assiste a una discriminazione sul territorio provinciale di Biella può rivolgersi al Nodo gestito dalla Provincia di Biella, che riceve su appuntamento ed è contattabile telefonicamente allo 0158480780 o via email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Per maggiori informazioni visita la sezione Antidiscriminazioni del sito della Provincia di Biella.

Pubblicato in News
Pagina 1 di 2