La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 77/2023, ha dichiarato illegittimo l’art. 5, comma 1, lettera b), della legge della Regione Liguria 29 giugno 2004, n. 10, recante la previsione del requisito di 5 anni di residenza in Regione per accedere agli alloggi ERP. La questione di legittimità era stata sollevata dal Tribunale di Genova con ordinanza del 3 giugno 2022.
La vicenda ha origine da un cittadino straniero, titolare di un permesso di soggiorno per asilo politico che aveva presentato domanda per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, a seguito del bando approvato dal Comune di Genova per il 2020, in attuazione dell’art. 4 della legge reg. Liguria n. 10 del 2004. Come la legge, anche il bando prevedeva, fra i requisiti per partecipare all’assegnazione, la residenza o attività lavorativa da almeno cinque anni nel bacino di utenza in cui rientra il Comune di Genova.
La norma in esame risulta – secondo la Corte Costituzionale – del tutto simile a una disposizione legislativa della Regione Lombardia, dichiarata costituzionalmente illegittima dalla stessa Corte con la sentenza n. 44 del 2020.
“La Corte Costituzionale, già con la sentenza n. 44/2020 aveva impresso una vera e propria svolta, con l’affermazione di due principi: il primo è che alla pregressa residenza, di per sé considerata, non può attribuirsi alcun valore prognostico circa la futura permanenza del beneficiario sul territorio regionale e dunque è irragionevole affidarsi a tale requisito per evitare un avvicendamento troppo rapido nell’assegnazione degli alloggi, essendo evidente che la “stabilità futura” del richiedente dipende semmai proprio dal fatto di ottenere una casa e non certo dalla pregressa permanenza; il secondo è che, in ogni caso, un requisito di “radicamento territoriale”, quand’anche fosse legittimo, non potrebbe mai prevalere sulla considerazione del bisogno, che è l’unico criterio che deve presiedere alle politiche sociali; con la conseguenza che qualsiasi “barriera all’accesso” basata su un requisito estraneo al bisogno, deve ritenersi illegittima.”
Scrive la Corte nella sentenza 44: “Il requisito della residenza protratta si risolve in una soglia rigida che porta a negare l’accesso all’ERP a prescindere da qualsiasi valutazione attinente alla situazione di bisogno o di disagio del richiedente (quali ad esempio condizioni economiche, presenza di disabili o di anziani nel nucleo familiare, numero dei figli)», ciò che «è incompatibile con il concetto stesso di servizio sociale».
La Corte, oltre a richiamare la sentenza 44/2020 ha anche citato diverse altre pronunce: tra queste rileva la sentenza n. 199 del 2022 (in materia di incentivi occupazionali) con cui la Consulta ha ribadito che, «se la residenza costituisce un requisito ragionevole al fine d’identificare l’ente pubblico competente a erogare una certa prestazione, non è invece possibile che l’accesso alle prestazioni pubbliche sia escluso per il solo fatto di aver esercitato il proprio diritto di circolazione o di aver dovuto mutare regione di residenza».
Appare chiaro a questo punto come non sia più in alcun modo possibile premiare la mera durata della residenza nella Regione a discapito della considerazione del bisogno.
Per maggiori informazioni si rimanda al sito dell'ASGI.